martedì 16 giugno 2015

Il castello di São Jorge da Mina a Elmina, per non dimenticare la tratta degli schiavi

Numerosi sulla costa occidentale del continente africano sono i luoghi-monumento che ricordano la tratta degli schiavi transatlantica condotta dalle potenze coloniali europee dal XVII al XIX secolo d.c. Uno di questi è il castello di São Jorge da Mina a Elmina, in Ghana. Una sua particolarità è di essere il più antico edificio costruito dagli europei al di sotto del Sahara come primo snodo commerciale per i traffici tra l'Africa e gli altri continenti. Ma è importante conoscere cosa c'era prima di questo castello e prima dell'arrivo degli europei. Il luogo era abitato da una popolazione che si chiamava fante e che era organizzata in una ventina di stati indipendenti. Nonostante alcune rivalità tra questi stati, essi vivevano relativamente in pace tra loro e la loro economia era basata sugli scambi d'oro e di altri metalli meno preziosi, e sul commercio di prodotti artistici e di prodotti agricoli, sia tra di loro sia con l'impero sudanese più a nord sia con le tribù della parte interna del Paese. Poi arrivarono i portoghesi, nel 1471, attirati dalle storie che raccontavano di terre ricche di oro e di avorio, nonché di terre fertili per l'agricoltura. E cosi cominciò il commercio d'oro nella zona di Elmina, tra gli stati dei fante e i portoghesi. Per proteggere questo commercio fu costruito proprio il castello di São Jorge, per costruire il quale i portoghesi fecero arrivare tutto il materiale con 12 navi. Già la costruzione del castello fu un primo colpo alla presenza dei Fante, in quanto essa comportò la distruzione di alcune case degli abitanti del posto, e solo con un risarcimento economico i portoghesi ottennero il via libera alla demolizione delle case e alla costruzione del castello. Inoltre si doveva distruggere anche una roccia che era considerata sacra per gli abitanti del posto perché ritenuto dimora della divinità, cosa che fu fatta senza neanche una ricompensa economica, il che provocò una sommossa degli abitanti locali che costò la vita a decine di portoghesi. I portoghesi, in tutta risposta, bruciarono il villaggio sede dell'insurrezione e continuarono la costruzione del castello che avvenne nel giro di pochi mesi. Conseguentemente i portoghesi costrinsero i locali a commerciare oro solo con loro, andando a stravolgere gli equilibri economici tra le tribù della costa e quelle dell'interno, abituate a fare affari tra di loro. In questo modo i portoghesi ottennero pian piano il monopolio del commercio dell'oro. Si può cosi vedere, leggendo questa storia, come dal 1471 in poi, da parte dei portoghesi vi fu un susseguirsi di mancanze di rispetto e di violenze nei confronti delle comunità locali e di stravolgimenti degli equilibri socio-econonomici tra le comunità del posto; il tutto sfociò poi, dal XVII secolo d.c. nella tratta degli schiavi. Questi ultimi venivano rapiti tra le tribù dell'interno da abitanti locali della costa che poi li vendevano ai portoghesi in cambio di altri beni come tessuti e cavalli. Tribù che prima commerciavano pacificamente divennero cosi le une la disgrazia per le altre. Gli schiavi venduti venivano trattenuti e maltrattati nel castello di São Jorge prima di uscire dalla cosiddetta, e maledetta, porta di non ritorno, per imbarcarsi e andare in Brasile o nelle altre colonie portoghesi. Gli schiavi venivano messi a decine e centinaia in piccole celle buie e umide, il cibo veniva razionato per rendere gli schiavi deboli e incapaci di scappare, e gli schiavi che morivano di stenti o di malattia venivano gettati in mare; le donne rischiavano di subire abusi sessuali da parte del governatore di Elmina, che, ogni giorno, dal balcone della sua residenza, guardando le schiave passeggiare nel cortile interno durante i pochi momenti d'aria concessi, ne sceglieva una per soddisfare le proprie voglie. Insomma, per questi schiavi, già l'esperienza nel castello di São Jorge era atroce, prima ancora di andare verso l'atroce destino della schiavitù permanente. Oggi il castello è un museo, perché visitandolo, ogni persona non dimentichi quanto successo e sappia riconoscere i nuovi meccanismi di schiavitù che anche oggi vigono in alcune parti del mondo, nel continente africano, ma non solo. Intanto, per chi volesse incominciare a vedere il castello, queste sono alcune immagini del castello, mentre questi sono alcuni video girati lì.

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