lunedì 27 dicembre 2010

La Jairos Jiri Association, un aiuto per i disabili dello Zimbabwe

Jairos Jiri è stato un grande filantropo dello Zimbabwe. La sua vita è stato un lungo viaggio, iniziato e finito nel villaggio di Mutenyami, nel distretto di Bikita, nella provincia di Masvingo, nello Zimbabwe. Lì infatti Jairos Jiri è nato nel 1921, e lì è stato sepolto dopo la sua morte, avvenuta nel 1982. In mezzo una vita intensa con 18 figli avuti da più donne, ma soprattutto, una costante azione in favore dei disabili del suo paese. Azione che iniziò nel 1940, e prese forma una decina di anni dopo, quando fu fondata la Jairos Jiri Association a Bulawayo, la seconda città dello Zimbabwe. Un'azione che ha portato alla costruzione di centri di accoglienza, case e scuole per i disabili del posto, che spesso venivano rifiutati e gettati ai margini della società. A queste persone svantaggiate, in modo particolare a bambini e bambine, Jairos Jiri offriva un posto dove vivere e studiare, e, per i più grandi, lavorare. Con la sua associazione, iniziò a far produrre a queste persone oggetti artistici e d'artigianato, sculture, lavori d'intaglio e piastrelle, tutti lavori che essi poi vendevano e che servivano cosi per portare avanti le attività dell'associazione; in questo modo i disabili aiutati da Jairos Jiri potevano cercare di condurre una vita come tutti gli altri, pur con le difficoltà legate alla loro condizione. Con il passare del tempo i prodotti realizzati dalle persone accolte dall'associazione di Jairos Jiri furono sempre più conosciuti, sia dai turisti sia dalla popolazione locale, e circolarorono sempre di più nello Zimbabwe, e le attività dell'associazione si espanse, anche fuori dai confini dello Zimbabwe, fino ad avere una sua rappresentanza legale anche in Inghilterra. Attraverso l'attività lavorativa e artistica, Jairos Jiri offriva alle persone disabili dello Zimbabwe un modo per riscattarsi e poter condurre una vita dignitosa.

lunedì 20 dicembre 2010

Il South Luangwa National Park in Zambia

In Zambia vi sono diversi parchi naturali interessanti per lo spettacolo naturale e faunistico che offrono ai visitatori. Uno di questi è sicuramente il South Luangwa National Park, che si trova a circa 350 km a nord-est dalla capitale Lusaka, e che si estende per circa 9.000 km quadrati. I principali protagonisti di questo parco sono sicuramente gli animali che lo abitano, in primis gli elefanti, presenti in gran numero; ma poi vi sono un'altra sessantina di specie animali e circa 400 diverse specie di uccelli. Tra gli animali che si possono incontrare, vi sono i leopardi, i leoni, i bufali, le zebre, e, nei fiumi e nelle lagune, anche coccodrilli e ippopotami, questi ultimi anch'essi presenti in gran numero, dato che si calcola che ce ne siano circa 50 per ogni km del fiume Luangwa, il fiume intorno al quale si snoda il parco; e poi ancora, si possono ammirare 14 specie diverse di antilopi e le giraffe di Thornicroft's. Per quanto riguarda la vegetazione, d'estate il parco è caratterizzato da estese pianure verdeggianti, che d'inverno si trasformano in distese di boscaglia secca. Per chi volesse conoscere meglio il South Luangwa National Park, è possibile visitare questo sito, dove si possono trovare informazioni più approfondite su tutti gli animali che si possono incontrare nel parco, e informazioni utili su come raggiungerlo, su cosa si può fare al suo interno e su dove si può pernottare; qui invece si possono vedere alcuni video girati nel South Luangwa National Park.

lunedì 13 dicembre 2010

Ma'rib, la vecchia capitale del regno di Saba

Nello Yemen, a poco più di 170 km a est dalla capitale del paese, Sana'a, sorgono le rovine di una città tanto antica quanto gloriosa, ma da secoli abbandonata un po' a se stessa. E' Ma'rib, che fu la capitale del Regno di Saba, uno dei regni antichi più importanti in questa parte di mondo. Le origini di Ma'rib, che sorge sulla riva sinistra del fiume Dhana, sembrano antichissime; della sua costruzione si parla come di un processo che potrebbe essere addirittura iniziato nel II millennio a.C., per essere proseguito poi durante il I millennio a.C. Uno dei momenti di maggiore splendore della città, si toccò quando fu costruita, appena sopra la città, la famosa diga di Ma'rib, di cui ancora oggi rimangono dei resti. Questa diga era una grande opera ingegneristica, lunga centinaia di metri e alta circa 5 metri, e serviva per immagazzinare e incanalare l'acqua piovana che riempiva il fiume Dhana durante la stagione dei monsoni, in modo da poter irrigare i campi e permettere alle persone del posto di vivere in quell'area piuttosto arida. Questa costruzione, che poi fu distrutta definitivamente intorno al 575 d.C., permise a decine di migliaia di abitanti della zona di vivere in modo prospero. Oggi, al posto della vecchia diga, c'è una nuova diga, situata a qualche km dalle rovine di quella antica. Oltre all'agricoltura, la popolazione di Ma'rib, nei prosperi anni del Regno di Saba,viveva di commercio, in quanto la città era considerata un crocevia importante sulla via che portava l'incenso e le altre spezie dall'India al Mediterraneo. Oggi, nel luogo dove sorgeva l'antico villaggio di Ma'rib, sono rimasti alcuni resti dei templi dell'epoca, che, come tutto il villaggio, erano circondati da un muro di pietra con 3 portoni; sui tipici palazzi di fango con le finestrelle piccole e caratteristiche, si possono invece leggere alcune iscrizioni risalenti al Regno di Saba, che fanno respirare un'atmosfera di antichità e di fascino. La moderna città di Ma'rib è invece stata costruita a qualche km di distanza dai resti dell'antica capitale, e vive grazie alle recenti scoperte di giacimenti petroliferi della zona. Per iniziare a scoprire le rovine dell'antica città di Ma'rib, qui si possono vedere alcune immagini del posto, mentre su questa pagina si possono vedere dei video sulla città.

lunedì 6 dicembre 2010

La Baia di Ha Long, dove la natura ha giocato con la roccia

Lungo la costa nord-orientale del Vietnam, vicino al confine con la Cina, sorge una delle bellezze naturali più attraenti del paese del sud-est asiatico. Si tratta della Baia di Ha Long, un'area di circa 1.500 km quadrati, che si estende lungo più di 100 km di costa vietnamita, e che ha la particolarità di ospitare circa 2.000 isolotti calcarei, di cui la quasi totalià disabitati, che nascondono al loro interno delle grotte piene di stalattiti e stalagmiti. Alcune di queste piccole isolette hanno forme particolari, e anche il loro nome ricorda tali forme; è il caso dell'isola "Elefante", "Voi" in vietnamita, dell'isola "Artiglio da combattimento", "Ga choi" in vietnamita, e delle rocce bacianti, che sembrano raffigurare due musi di animali che si baciano. Tra tutte queste isole molto particolari, ve ne sono due abitate permanentemente: Tuan Chau e Cat Ba, che fungono anche da base per i turisti che vogliono fare i giri in barca per vedere gli isolotti della Baia. Oltre alle isole, nella Baia di Ha Long, vi sono anche delle comunità di pescatori "galleggianti", che vivono cioé su strutture galleggianti, e che vivono di pesca e di turismo. Interessante è la leggenda che sta dietro a questa Baia. Ha Long sono due parole che significano "mare" e "dragone" in vietnamita, e questo nome deriva appunto dalla leggenda che spiega l'origine del posto; secondo questa leggenda, durante la battaglia tra i vietnamiti e i cinesi, avvenuta molti anni fa, gli dei mandarono in soccorso dei vietnamiti dei dragoni, che iniziarono a sputare gioielli in mare; questi gioielli si trasformarono in rocce e andarono a costituire gli isolotti che oggi formano la Baia di Ha Long; i dragoni unirono poi quelle rocce per formare un muro difensivo, che permise ai vietnamiti di difendersi contro gli invasori cinesi; nella terra difesa da quel muro i vietnamiti formarono il paese che oggi è chiamato Vietnam, mentre il luogo dove si verificò la discesa in mare dei dragono è appunto chiamato Ha Long, il luogo dove "il dragone scende in mare". Per iniziare a godersi lo spettacolo degli isolotti della Baia di Ha Long, queste sono alcune immagini del posto, mentre qui si possono vedere alcuni video girati tra le isole.

lunedì 29 novembre 2010

La Necropoli di Santa Rosa, le tombe degli umili nella terra dei cardinali

Nella terra dei papi, dei vescovi e dei cardinali, c'è un posto, tolto dalle viscere della terra qualche anno fa, popolato, un tempo, da schiavi e liberti, anche se non più vivi. E' la Necropoli di Santa Rosa, che giace all'interno della Città del Vaticano, lungo la via Triumphalis, e in cui si possono trovare i resti di una quarantina di edifici sepolcrali e centinaia di cippi, altari, steli e lastre risalenti all'epoca romana, tra gli anni appena precedenti l'anno 0, e il IV sec. d.C; sono più di 200 resti in circa 500 metri quadrati. La particolarità è che i resti ritrovati in questa necropoli appartengono a costruzioni sepolcrali dedicate prevalentemente a persone della classe basse o bassissima della società romana dell'epoca. Sulle pietre che si trovano in corrispondenza delle sepolture si possono infatti leggere talvolta i mestieri o il luogo di orgine delle persone sepolte, e da lì si capisce la tipologia di persone che venivano sepolte qui; e allora si può leggere di schiavi e liberti, di postini, di uno che faceva l'"incitatore" di cavalli nelle gare del circo, di uno scultore, di un addetto alla scena del Teatro di Pompeo, e di altri mestieri dell'epoca. In alcuni edifici sepolcrali si sono anche conservate parti di affreschi e stucchi di decorazione alle pareti, e pezzi di mosaico sui pavimenti. Su questo sito è possibile vedere delle immagini dell Necropoli e leggere particolari interessanti su di essa.

lunedì 22 novembre 2010

Vanuatu, il paese della diversità linguistica

Vanuatu è un paese situato nell'Oceano pacifico meridionale, a quasi 1.800 km ad est dell'Australia. Questo stato, composto da 83 isole, è abitato da più di 200.000 abitanti, e una delle sue particolarità è che sulle sue isole si parlano più di 100 lingue diverse: bislama, inglese, francese e più di 100 dialetti indigeni; si può dire che ogni 2.000 abitanti si parla una lingua diversa; una densità linguistica per persona che pone Vanuatu tra i paesi più ricchi per diversità linguistica, se non il paese più ricco. La lingua più diffusa di quelle parlate a Vanuatu è sicuramente il bislama, una lingua nata, sembra, nella seconda parte del XIX secolo, dalla fusione di inglese, francese, e dialetti che parlavano gli abitanti di Vanuatu portati a lavorare nel Queensland e nelle Isole Figi durante il periodo coloniale. Bislama infatti è un termine che sembra derivare dall'espressione "beach la mar", in francese "bêche de mer", in italiano "cetriolo di mare", e questo perché nelle isole dove lavoravano i nativi di Vanuatu sotto il dominio degli inglesi, essi, insieme ad altre attività, raccoglievano ed essicavano i cetrioli di mare, e quindi questa espressione fu usata per indicare la lingua mista con cui essi comunicavano tra loro e con i loro guardiani inglesi. L'inno di Vanuatu è in bislama, e tra tutti gli abitanti del paese, sono circa 6.000 quelli per cui il bislama è la loro lingua nativa. Chi fosse curioso di questa lingua di Vanuatu, su questo sito, in inglese, può trovare l'alfabeto del bislama e un esempio di traduzione dall'inglese al bislama.

lunedì 15 novembre 2010

Le 3 madrase di piazza Registan a Samarcanda

Uno dei posti più belli di Samarcanda, città leggendaria dell'Uzbekistan, è la piazza Registan, dove sorgono 3 madrase, antiche scuole islamiche, disposte su 3 dei quattro lati della piazza, ciascuna su un lato diverso. Le 3 madrase sono edifici imponenti, caratterizzati da enormi portali d'ingresso e ricoperti di maioliche e mosaici azzurri. All'interno delle madrase si aprono poi cortili, ballatoi e cellette, in un insieme architettonico allo stesso tempo imponente e armonioso. Le 3 madrase di Registan si chiamano Ulug Bek, Shir Dar e Tilla-Kari. La madrassa Ulug Bek, quella sul lato occidentale della piazza, è la più antica, e la sua costruzione fu terminata nel V secolo; questa madrasa ospita mosaici che raffigurano soprattutto temi astronomici, e in essa si possono vedere le aule dove si tenevano le lezioni, situate sotto le piccole cupole poste agli angoli della madrasa, le celle dove vivevano gli studenti, e una grande moschea, sul retro. Le madrasse Shir Dar, sul lato est della piazza, e Tilla-Kari, al centro della piazza, furono terminate più tardi, nel VII secolo, e i loro mosaici hanno temi presi dal mondo naturale e animale, come testimoniato dai leoni ruggenti raffigurati sul portale d'ingresso della madrasa Shir Dar; la madrasa Tilla-Kari ha anche la particolarità di avere dei rivestimenti d'oro e un cortile molto piacevole al suo interno. Nel medioevo la piazza Registan era il cuore commerciale della città di Samarcanda, e lo splendore delle sue madrase è stato riportato ancora di più in auge dopo il restauro iniziato alla fine del secolo scorso. Per iniziare a gustare le bellezze di piazza Registan e delle sue 3 madrase, si possono vedere alcuni di questi video.

martedì 9 novembre 2010

Il museo all'aria aperta dei murales di Rosario

Visitare un museo camminando per le vie di una città. Questo a Rosario, una città situata sulla costa orientale dell'Uruguay, si può fare. Perché a Rosario sono dipinti, su circa 60 pareti di case, negozi e edifici vari, altrettanti murales che raccontano la storia di questa città e di questa regione. I murales infatti immortalano vicende, episodi e personaggi che hanno caratterizzato la storia di questa zona del paese sudamericano; gente famosa e nota, soprattutto agli abitanti del posto, ma anche tanta gente comune, che ha segnato l'evoluzione del popolo di Rosario. Alcuni di questi murales sono cosi grandi e cosi prospettici che si consiglia di vederli da diverse angolature per apprezzarli nella loro pienezza; curioso sarebbe anche vedere il mutare delle sfumature dei colori dei murales nelle diverse ore del giorno, per ammirare il connubio e la compenetrazione del colore dell'arte con quello della natura. Tutti i murales possono essere visti raggiungendoli a piedi, date le dimensioni non esagerate della zona che li ospita; ciò richiede un po' di tempo, ma permette probabilmente di gustare meglio la visione di queste opere. Per chi volesse farsi un'idea di questo museo all'aria aperta di Rosario, su questo sito e su quest'altro, entrambi in spagnolo, se ne possono vedere alcuni in foto, e si possono acquisire informazioni utili per visitare Rosario.

lunedì 1 novembre 2010

La Funafuti Conservation Area di Tuvalu, piccolo gioiello nel Pacifico

Funafuti è una delle nove isolette che formano lo stato di Tuvalu. Lungo la costa occidentale di questo piccolo atollo del Pacifico sorge la Funafuti Conservation Area (FCA), un'area protetta di poco più di 30 km quadrati, nata per proteggere gli animali e la vegetazione del posto. In quest'area fatta prevalentemente di mare, barriere coralline e lagune, ma anche di piccoli isolotti di origine corallina e ricoperti di foreste latifoglie, v'è infatti una significativa quantità di specie di pesci, granchi, tartarughe e uccelli marini, che rischiavano di scomparire a causa dell'inquinamento e dell'attività umana di pesca e caccia. Cosi nel 1996 fu lanciato il progetto di quest'area protetta, che proibisce ogni attività di pesca e di caccia nella zona per permettere agli animali in essa presenti di riprodursi, moltiplicarsi e poi andare nelle lagune e nei tratti di mare vicini, dove la pesca e la caccia sono invece permessi. Sono bandite nell'area anche attività inquinanti, mentre è possibile nella zona camminare sui piccoli isolotti, fare picnic e nuotare nel suo fantastico mare. Intanto nell'area protetta di Funafuti vengono svolte continue attività di controllo e monitoraggio della condizione delle sue risorse naturali, in modo da garantire la continuazione delle specie animali e per decidere di volta in volta, insieme alla popolazione del posto, quali attività proibire o concedere per portare avanti, parallelamente alla protezione dell'area, anche lo sviluppo di attività eco-sostenibili per la crescita economica delle popolazioni locali. Per chi volesse conoscere più da vicino la Funafuti Conservation Area, questo è un sito dove si possono raccogliere altre informazioni, mentre qui è possibile vedere la foto di un atollo della Funafuti Conservation Area, insieme ad altre foto scattate a Funafuti.

lunedì 25 ottobre 2010

Il deserto del Karakum, cuore del Turkmenistan

Occupa circa il 70% dell'intero territorio del Turkmenistan, si chiama Karakum ed è un enorme deserto che copre un'area di circa 40.000 km quadrati. Il suo nome significa "sabbia nera" e la sabbia è l'elemento naturale che la fa da padrona in quest'area. Sabbia che è caratterizzata dalla presenza di un sale particolare, frutto delle evaporazioni delle acque dei mari e dei fiumi della regione e dei resti dei depositi minerali alcalini presenti in zona. Le precipitazioni piovose, come si può ben immaginare, sono molto scarse; addirittura si parla di precipitazioni piovose ogni decennio, neanche ogni anni, e le uniche acque che arrivano nel deserto del Karakum sono quelle dei fiumi Tejen e Murgab, che scendono dalle montagne dell'Hindu Kush a sud, del fiume Amu Darya che arriva da nord-est, e di un canale costruito nel 1954, che è anche il canale artificiale più lungo al mondo; questo canale è infatti lungo quasi 1.400 km ed è stato costruito per irrigare la zona, ma alla lunga forse ha fatto più male che bene, provocando, con l'evaporazione delle acque fuoriuscoite dal canale, una consistente salinizzazione di molte zone del deserto. Ad ogni modo, grazie alla poca acqua che scorre in questa regione, nel deserto del Karakum si possono trovare anche delle oasi; le più grandi sono Mary e Tejen, e in esse si coltiva il cotone. Altre due particolarità del deserto del Karakum sono il fatto che nelle montagne del Bolshoi Balkan sono stati trovati anche dei resti di esseri umani primitivi, e i cosiddetti "crateri di gas" di Darvaza, dove viene bruciato, con danni collaterali probabili non indifferenti, il gas naturale copiosamente presente nella regione, oltre al petrolio. Per chi volesse iniziare a conoscere il deserto di Karakum, queste sono alcune immagini, mentre questi sono alcuni video girati lì.

lunedì 18 ottobre 2010

Dougga, o Thugga, importante sito archeologico della Tunisia

Sul suo suolo sono passati i Cartaginesi, i Numidi e i Romani, e in molti hanno lasciato un'impronta del loro passaggio. Si chiama Dougga, o Thugga, ed è uno dei più importanti siti archeologici della Tunisia. Si trova a poco più di 100 km a sud-ovest di Tunisi ed è situata sulle pendici delle montagne Tebersouk. La presenza dei Numidi in questo angolo di Tunisia è testimoniata dal Mausoleo di Massinissa, costruito nel 138 a.C., che contiene un importante iscrizione bilingue in punico e numidico. Più numerose invece le costruzioni risalenti all'epoca dei Romani. Tra questi il Capitolium, o Tempio Capitolino, fatto costruire nel 166 d.C. dall'imperatore Marco Aurelio; il tempio è dedicato a Giove, Giunone e Minerva ed ha sulla facciata quattro colonne scanalate con capitelli corinzi, che sono sormontate da un bassorilievo che raffigura l'imperatore Antonino Pio in volo tra gli artigli un'aquila. Un altro importante resto romano è costituito dal teatro, costruito nel fianco di una collina, e fatto costruire nel 188 d.C.; il teatro ospita più di 3.000 posti e ancora oggi viene utilizzato per rappresentazioni teatrali nei mesi estivi, in occasione del Festival di Dougga. Altri resti che meritano una visita sono il Tempio di Saturno, la Casa di Dioniso e Ulisse, e la Piazza dei Venti, costuita da una pavimentazione che, con il suo mosaico, forma una bussola enorma con i nomi e le direzioni dei 12 venti. Per chi volesse raccogliere ulteriori informazioni su Dougga, è possibile visitare questo sito, dove si trova anche una mappa dei resti archeologici della città e alcune foto, mentre qui è possibile vedere dei video girati là.

lunedì 11 ottobre 2010

Le barriere coralline di Buccoo, un po' rovinate ma sempre belle

Lungo la costa sudorientale dell'isola di Tobago, nello stato di Trinidad e Tobago, esiste un villaggio chiamato Buccoo, che di per sé non è niente di particolare, se non fosse per quello che offre il mare che lo bagna. Infatti davanti alla baia di questo villaggio si trovano 5 blocchi di barriere coralline, che arrivano a pochi metri dalla superficie del mare, e che quindi possono essere ammirate in tutta la loro bellezza anche da chi non fa immersioni, ma solo snorkelling. Questi 5 complessi corallini sono separati da profondi canali, circondano la Bon Accord Lagoon, e a oggi risultano un po' rovinati dall'inquinamento e dal massiccio andirivieni turistico, nonostante la zona sia stata definita parco marino protetto nel 1973. Nonostante ciò, se si va a Buccoo, è ancora possibile scorgere il fascino di questo sistema corallino e dei pesci che lo abitano. E' anche possibile navigare sul complesso corallino in barche dotate di fondi trasparenti che permettono di ammirare lo svolgersi della struttura corallina senza scendere in mare. E cosi si possono ammirare le diverse specie di corallo che formano queste strutture, quasi tutte adatte a stare in una zona in cui la forza del mare e delle sue onde è abbastanza violenta. Oggi si cerca di salvaguardare questa bellezza sottomarina, e ogni turista che vi va, può fare del suo, per esempio cercando di evitare di entrare in contatto con il corallo, ma limitandosi a guardarlo immergendosi in mare con una maschera. Per iniziare a rendersi conto della bellezza di questo posto, si possono vedere questi video.

lunedì 4 ottobre 2010

Le isole di Vava'u, gioiello di Tonga

Sono uno degli arcipelaghi di isole che formano lo stato di Tonga, e forse è uno dei più belli, dove la natura è stata lasciata abbastanza in pace ed è ancora libera di offrire ai visitatori i frutti del suo ininterrotto fluire. Si chiama Vava'u ed è formato da un gruppo di piccole isole, la cui maggior parte sono disabitate. Per fare un giro sulle isole di Vava'u si può utilizzare una delle barche messe a disposizioni dai locali, e si possono cosi ammirare le bellezze naturali che caratterizzano questi posti: le spiagge bianche e strette, le barriere coralline che circondano le coste, le rocce che cadono a picco sul mare, la foresta pluviale e selvaggia che ricopre buona parte di queste isole, il mare cristallino, e le più di 100 specie di pesci tropicali e colorati che abitano il mare dell'arcipelago. Un'altra attrazione del posto è costituita dalle balene, che si possono ammirare al largo di queste isole nel periodo che va da luglio a ottobre. Ideale per le immersioni e per lo snorkelling, questo posto offre anche paesaggi affascinanti sulla terra ferma, dove si possono passare dei momenti rilassanti a contatto con la natura incontaminata del posto. Per avere un'idea della bellezza delle isole di Vava'u, si può guardare questo video, mentre qui si possono vedere altri video girati nell'arcipelago. Per chi volesse visitare le isole di Vava'u, su questo sito, in inglese, si possono trovare informazioni utili, oltre che guardare una fornita galleria di foto del posto.

lunedì 27 settembre 2010

Gli Ewe e le origini del Togo

In lingua ewe Togo significa "andare all'acqua"; era probabilmente l'acqua del lago Togo, situato nella zona meridionale dell'attuale paese africano ononimo, quella di cui parlavano gli abitanti della zona, che vivevano in un villaggio vicino al lago e appartenevano alla comunità degli Ewe, un'etnia originaria di questa zona occidentale dell'Africa; con la colonizzazione dei tedeschi tutta la zona circostante quel lago venne cosi chiamata Togoland, da cui poi Togo, mentre il villaggio degli Ewe venne ribattezzato Togoville; intorno a Togoville ancora oggi vivono gli Ewe, un popolo presente anche nelle regioni sud-occidentali del Benin e in quelle sud-orientali del Ghana. Le comunità Ewe hanno come loro nucleo sociale più importante la famiglia e sono rette da capi-comunità, che un tempo venivano scelti su base ereditaria, mentre oggi vengono selezionati con un metodo basato sul consenso. I capi-comunità vengono inoltre consigliati spesso dalle persone anziane del villaggio e devono rispettare alcune regole di comportamento particolari, come quelle di non bere in pubblico e di apparire tra gli altri con la testa sempre coperta; essi sono considerati il tramite tra il mondo dei vivi e il mondo degli antenati, sul cui culto si basano molte credenze religiose degli Ewe. Questo popolo ha nella musica una componente fondamentale della sua cultura e nelle percussioni una delle arti più importanti e diffuse; numerose sono le danze tipiche diffuse tra gli Ewe, tra cui vi sono la adevu, la agbadza, l'atsiagbekor, l'atsia, la gabada, l'agahu, la gota, la tro-u e la sowu. Tipici degli Ewe sono anche i vestiti kente,vestiti fatti di striscie di stoffa di diversi colori intrecciate tra di loro.

lunedì 20 settembre 2010

Atauro, suggestiva isola di Timor Est

E' una piccola isola di poco più di 100 km quadrati che si trova tra Timor Est e l'isola indonesiana di Wetar. Si chiama Atauro, e da un punto di vista amministrativo appartiene a Timor Est, ma ha molte peculiarità che la distinguono dal resto di questo paese. Innanzitutto la sua popolazione, costituita da circa 8.000 anime, è in gran parte protestante, diversamente da quanto accade in Timor Est, dove la confessione più diffusa è il cristianesimo; ma c'è da dire che molti cristiani su quest'isola conservano ancora antiche credenze legate alla vecchie tradizioni animistiche. Gli abitanti di Atauro poi, parlano 3 dialetti diversi di Wetarese, la lingua di Wetar, l'isola indonesiana che si trova a nord-est di Atauro: il manroni, parlato nei villaggi di Beloi e Bikeli, l'adade, parlato nel villaggio di Macadade, e l'humungili, usato nel villaggio di Makili; infine in molti usano una quarta lingua, il tetun, per comunicare con le persone degli altri villaggi che parlano dialetti diversi. Che ricchezza linguistica in mezzo a sole 8.000 persone! Persone che vivono principalmente del pesce che pescano, dei prodotti derivanti dalle loro capre (questo animale è talmente importante qui che lo stesso nome dell'isola in un dialetto locale significa "capra"), della coltivazione di grano e di fagioli, e della raccolta della frutta e dei vegetali che la natura locale offre in abbondanza. Per chi volesse visitare Atauro, l'isola si può raggiungere in barca in circa 2 ore, partendo dalla capitale di Timor Est Dili. Sull'isola è presente un eco-lodge, il Tua Koin, dove si può pernottare, e per chi ama fare snorkelling, è possibile godere delle belle barriere coralline di cui sono ricche le acque che circondano l'isola. Su questo sito, in inglese, è possibile raccogliere altre informazioni utili per una visita di Atauro, mentre qui è possibile vedere dei video girati là.

lunedì 13 settembre 2010

Penghu, le isole gioello di Taiwan

Sono un arcipelago di una novantina di piccole isole situate lungo la costa occidentale di Taiwan. Si chiamano Penghu e sono considerate un piccolo gioiello naturale, trasformato nel corso dei secoli da euzioni vulcaniche, vento e mare. Il paesaggio di queste isole infatti è stato modellato secolo dopo secolo dal vento e dall'acqua del mare, cosi come in alcune isole si trovano dei piccoli monumenti naturali derivanti dall'origine vulcanica di queste isole, come le colonne di basalto dell'isola di Tungpan. Il frutto di tutto ciò sono distese di prati verdi e steppe, alte e maestose scogliere rocciose e bellessimi tratti di spiaggia. Il vento oggi su queste isole è una manna anche per gli appassionati di windsurf, in quanto nelle stagioni di inverno e primavera, Penghu è uno dei posti più ventilati al mondo, come si può vedere da questo video girato là. Sulle isole ci sono decine di villaggi, alcuni dei quali fatti con case tipiche di architettura cinese, circondati da mura di corallo. Per conoscere meglio l'arcipelago di Penghu, questo è un sito, in inglese, dove raccogliere informazioni sui posti da vedere, sui luoghi dove alloggiare e su come arrivarci, mentre questi sono altri video girati nelle isole di Penghu.

lunedì 6 settembre 2010

Il Pamir, il tetto del mondo per gli abitanti del Tagikistan

Viene chiamato Pamir, ma il suo vero nome è Bam-i-Dunya, che in lingua locale signifca Il tetto del mondo, in quanto si trova al centro di uno snodo complicato di alcune delle catene montuose più alte del mondo, tra cui le catene del Karakorum e dell'Himalaya che si snodano verso sud, quella del Tian Shan, che si estende verso la Cina, e quella dell'Hindu Kush, che si articola ad ovest. La vetta più alta di questa regione del Tagikistan è il Kungur, che arriva quasi a 8.000 metri di altezza. Quello del Pamir è un paesaggio fatto di alte cime innevate, lunghi ghiacciai, ampie vallate, caratterizzate per alcuni tratti da una vegetazione verde brillante, fiumi blu intenso e terra rosso fuoco, in altri tratti, più alti, da paesaggi lunari, rocciosi e inospitali. In queste valli vivono delle comunità di persone che hanno poco, ma che sono molto ospitali. Sono di religione ismailita e vivono di quello che offrono le loro pecore e gli altri pochi animali presenti nella regione. A proposito di animali, sono animali leggendari quelli che hanno fatto la storia di questi luoghi, come la pecora di Marco Polo, di cui si trova addirittura una statua e che rispetto a una pecora normale ha corna più lunghe, e il leopardo delle nevi. Nel Pamir si può arrivare o in aereo, con piccoli velivoli locali, oppure percorrendo la Pamir HighWay, l'autostrada del Pamir; viene chiamata autostrada, ma in realtà è una strada conciata piuttosto male, dove tratti di asfalto si alternano a tratti di pietre e fango, su cui è molto difficile guidare; comunque si tratta di una "autostrada" tra le più alte al mondo, e questo è un video dove si possono vedere alcuni panorami che si possono ammirare percorrendola. Per chi volesse conoscere meglio o visitare il Pamir, su questo sito, in inglese, si possono raccogliere informazioni utili e vedere alcune immagini della regione.

lunedì 30 agosto 2010

Lo Hlane Royal National Park dello Swaziland

E' la riserva naturale più grande dello Swaziland. Si chiama Hlane Royal National Park, e il nome già dice qualcosa sulla natura di questo parco nazionale; "hlane" infatti, nella lingua locale, significa "deserto". Sono infatti distese di terra asciutta e secca quelle che vanno a formare in gran parte i circa 30.000 ettari di questo parco naturale. Su questo territorio si snodano distese di savana tropicale che di tanto in tanto offrono agli occhi dei visitatori la vista di alberi millenari che portano dentro di sé la storia di questo piccolo pezzo d'Africa. Grandi protagonisti di questa riserva dello Swaziland sono anche gli animali che si possono incontrare, tra cui soprattutto i leoni, gli elefanti, i leopardi, gli ippopotami, i coccodrilli e, soprattutto, il tipico rinoceronte bianco. Ma anche tanti uccelli, di razze diverse, per la gioia degli appassionati di bird-watching. In questa riserva è possibile fare delle visite guidate a piedi, in mountain bike o in fuoristrada, e si può trovare anche una sistemazione per passarci la notte. Per chi volesse farsi un'idea di quello che si può trovare e vedere dentro lo Hlane Royal National Park, qui è possibile vedere dei video girati là, mentre su questo sito è possibile raccogliere informazioni sulle sistemazioni che si possono trovare all'interno del parco, oltre che vedere una galleria di immagini della riserva.

lunedì 23 agosto 2010

Lo Sranan Tongo, la lingua più parlata in Suriname

E' una lingua molto poco conosciuta, tuttavia trattasi della lingua più diffusa in tutta una nazione. La lingua è lo Sranan Tongo, e la nazione è il Suriname; qui lo Sranan Tongo è la lingua più parlata, e quella che assicura la comprensione tra le diverse etnie presenti nel paese. Questa lingua, definibile anche come lingua creola, è un intreccio di influenze linguistiche inglesi, africane, portoghesi e africane, intreccio costruitosi nel tempo a seguito degli eventi storici che hanno interessato questo paese. Sono presenti infatti parole dei dialetti africani degli schiavi dell'Africa Occidentale fin qui deportati, parole dei coloni inglesi che portarono questi schiavi in Suriname, parole dei portoghesi che avevano colonizzato il paese natìo di questi schiavi, e parole degli olandesi che subentrarono agli inglesi nel controllo del Suriname nel XVII sec. d.C. Come lingua scritta, lo Sranan Tongo esiste solo dal XIX secolo d.C., ma l'approvazione ufficiale del suo sistema di scrittura è arrivata addirittura solo nel 1986. Per chi fosse curioso di scoprire qualcosa di più su questa lingua del Suriname, qui è possibile vedere come contare fino a dieci in Sranan Tongo, mentre qui si possono leggere come si dicono i giorni della settimana.

lunedì 2 agosto 2010

Sha'ab Rumi, luogo magico per chi fa immersioni

In Sudan vi sono diversi luoghi dove chi ama fare immersioni in mari mozzafiato può trovare pane per i suoi denti. Uno di questi è Sha'ab Rumi, che si trova a circa una cinquantina di km a nord della città sudanese di Port Sudan. Qui giace un'atollo corallino che emerge per pochi centrimetri sulla superficie del mare formando un'elegante anello corallino con una barriera che si immerge in acqua per una profondità, in alcuni punti, di circa 600 metri. E' uno spettacolo unico immergersi lungo le pareti di questa barriera corallina, godendosi lo spettacolo che questo pezzo di Mar Rosso regala. Per chi sceglie questo angolo di Sudan per fare immersione, v'è anche la possibilità di incontrare padroni di casa, bellissimi in tutta la loro maestà, ma non proprio gradevoli all'incontro, come lo squalo grigio, lo squalo martello e il barracuda; oltre a tutti quei pesci, più innocui e molto colorati, che popolano solitamente le acque coralline. Le acque di Sha'ab Rumi sono state anche la sede, nel 1963, del progetto Precontinente II del gruppo guidato da Cousteau, di cui 5 uomini vissero qui, sott'acqua per più di un mese, in una casa subacquea in acciaio di 10 metri di larghezza e 3 di altezza; sotto di circa una ventina di metri altri 2 uomini vissero in una base sottomarina più piccola per 8 giorni; mentre la sede principale della spedizione era stata costruita su una delle terrazze che danno sul mare dove sorge l'atollo. Per chi vuole incominciare a godersi lo spettacolo sottomarino che si può incontrare a Sha'ab Rumi, questi sono alcuni video girati lì.

lunedì 26 luglio 2010

La Death Valley, la Valle della Morte

Il suo nome, Death Valley, Valle della Morte, evoca fascino e paura, e probabilmente è la causa di un numero di visite inferiori ad altri spettacoli naturali che si trovano negli Stati Uniti. Ma questa valle merita veramente una visita. Essa si snoda da nord a sud nella parte orientale della California, e, per un breve tratto, anche in Nevada, è lunga più di 200 km, e la sua larghezza media è di circa 40 km. Al suo interno si trova l'omonimo parco nazionale, che è leggermente più piccolo dell'intera valle. La Death Valley è una grande depressione dove una volta, più di 400 milioni di anni fa, c'era il mare, che poi s'è ritirato, mentre il suolo roccioso s'è alzato a causa dei movimenti del sottosuolo. Ma in alcuni punti la Valle della Morte è ancora sotto il livello del mare. Tra questi, il suo punto più basso, Badwater, Acqua cattiva, che si trova a 86 metri sotto il livello del mare. Ma perché fa paura la Death Valley? Forse perché nei mesi estivi la temperatura media supera i 40 °C, o forse perché in un anno intero cadono solo dai 3 ai 6 cm di pioggia. Numeri che trasmettono caldo, arido, secco, ambiente ostile e selvaggio, ai confini di ciò che è sopportabile. Ma la Valle della Morte va visitata, va attraversata in auto, con i finestrini aperti, non solo per respirare l'aria calda e torrida del posto, ma per ammirare dal vivo e senza filtri la crudezza di un paesaggio che sembra ti faccia tornare indietro nella storia e ti faccia vedere come s'è potuta evolvere un pezzo di terra da miliardi di anni fa a oggi. Percorrendo la Death Valley si possono ammirare lembi di deserto sabbioso, depressioni di deserto roccioso, zone in cui steppe aride ti parlano di residui di una vegetazione che stenta a resistere a quelle condizioni di vita, ma anche rarità naturali, come il corallo fossile, presente nelle pietre delle Funeral Mountains, o come i circa 600 tipi di fiori e piante del deserto. Per chi fosse interessato a visitare la Death Valley, su questo sito si possono raccogliere informazioni utili, mentre qui è possibile vedere diversi video girati nella valle.

lunedì 19 luglio 2010

Sri Pada, o Adam's Peak, la montagna dell'impronta sacra

Sri Pada, o Adam's Peak, è una montagna dello Sri Lanka alta poco più di 2.200 metri che non avrebbe niente di particolarmente interessante, se non ospitasse, sulla sua cima, un'impronta gigante della forma di un enorme piede, che da secoli viene venerata dai fedeli di diverse religioni. Infatti la cosa curiosa è che ogni religione attribuisce quest'impronta al passaggio della sua divinità o della sua guida. E così, per i musulmani, quella è un'impronta di Adamo, per gli Hindu, è l'impronta di Shiva, per i buddhisti è l'impronta di Buddha, e i cristiani portoghesi l'hanno attribuita a San Tommaso. Il periodo dei pellegrinaggi sul Sri Pada va da dicembre a maggio, e raggiunge il suo picco verso aprile, nel pieno della stagione secca, prima che arrivino i monsoni da sud-est. Molti pellegrini cercano di arriva in cima alla montagna prima dell'alba, per godersi l'affascinante spettacolo che quel luogo regala in quel particolare momento del giorno. I pellegrini arrivano spesso in autobus alla base della montagna da diverse città dello Sri Lanka, tra cui Kandy, Nuwara Eliya e Colombo, e poi salgono a piedi a rendere omaggio e a portare doni alla sacra impronta. Per chi fosse interessato ad approfondire la propria conoscenza su Sri Pada o fosse interessato a visitarla, questo è un sito, in inglese, dove raccogliere informazioni utili e dove vedere alcune immagini del luogo.

lunedì 12 luglio 2010

I locali di flamenco a Siviglia

Siviglia è uno dei centri del flamenco, e, come tale, è ricco di posti dove ascoltare e vedere spettacoli di flamenco e assaporare i ritmi magici di questa cultura millenaria che è arrivata e si è sviluppata in Andalusia dopo secoli e secoli di evoluzioni musicali e artistiche che hanno mescolato elementi della cultura gitana, ebraica e mora. Ecco allora alcuni suggerimenti su dove andare a godersi un'emozionante serata di flamenco se si è a Siviglia. Uno dei locali più storici è El Patio Sevillano, che si trova a Paseo Cristóbal Colón 11 A, vicino allo stadio della corrida, e che ha iniziato la sua attività, sotto altro nome, nel 1952; in questo locale si tengono due spettacoli di flamenco al giorno a partire dalle 19, e ciascuno di essi dura circa un'ora e mezza; naturalmente durante gli spettacoli è possibile cenare o bere dei drinks. Un altro locale abbastanza famoso per il flamenco a Siviglia è il Tablao Flamenco Los Gallos, situato in Plaza de Santa Cruz 11 nel Barrio de Santa Cruz, e che svolge la sua attività da più di 40 anni; anche qui due spettacoli serali, un po' più lunghi, di 2 ore l'uno, a partire dalle ore 20, con possibilità di cena o drinks. Poi c'è il Tablao El Arenal, uno dei locali di flamenco più storici di Siviglia situato in Calle Rodo 7, tra la Plaza de Toros e il Teatro de la Maestranza; questo locale raffinato, situato in un edificio tipico andaluso del XVII secolo, è specializzato soprattutto in serata private per gruppi di turisti con spettacoli di flamenco e cena inclusa. Un altro posto raffinato ed elegante dove ascoltare flamenco è El Palacio Andaluz, che si trova nel centro di Siviglia in Avenida M. Auxiliadora 18-b e dove si possono anche organizzare cene e feste private con spettacoli di flamenco. E ancora, un altro luogo tradizionale per il flamenco sivigliano è la Casa de la Memoria, anche'essa situata nel Barrio de Santa Cruz, e più precisamente C/Ximénez de Enciso 28; più che un locale, la Casa de la Memoria è un centro culturale, dove si alternano spettacoli di artisti di flamenco già affermati a esibizioni di giovani talenti. Questi sono solo alcuni dei posti dove godersi del buon flamenco a Siviglia, una città verament ricca di storia, di cultura... e di musica.

lunedì 5 luglio 2010

Le isole Bajuni, piccole perle della Somalia

A sud della Somalia, lungo la parte meridionale della sua costa che si affaccia sull'Oceano Indiano, si susseguono tante piccole isole di origine corallina che formano l'arcipelago Bajuni, o Bagiuni, o Giuba. Si tratta di isole lunghe e strette, che vanno da nord a sud, a partire dalla zona a sud della città di Kismaayo, o Chisimaio, fino a Ras Kiyemboni. Esse sono note per la lunga barriera corallina che le caratterizza, che ha un'altezza che va dai 10 ai 35 metri, per le loro bellissime spiagge e per la temperatura piuttosto alta dell'acqua che le bagna. Le isole principali dell'arcipelago Bajuni sono Chandra, Chovaye, Chula, Koyaama, Darakasi, Ngumi, Kismaayo, ora unita alla terraferma per il porto di Chisimaio, Kandhaivu, Fuma, Coiama, che è anche l'isola più grande, Thenina, Tegadi, Ambu e Gua. L'isola che è maggiormente popolata è Chula, che ospita un villaggio chiamato Ndowa. Per avere un'idea delle spiagge che si possono trovare sulle isole Bajuni, è possibile guardare queste foto, mentre questa è una foto scattata all'isola di Koyaama.

lunedì 28 giugno 2010

Il lago Cerknica, presente in primavera, assente in estate

Oltre a essere il lago più grande della Slovenia, il lago Cerknica, situato nella parte nord-occidentale del paese, è particolare anche per i suoi tipici fenomeni di riempimento e svuotamento durante le diverse stagioni dell'anno. Difatti questo lago è pieno d'acqua in primavera ma si svuota quasi completamente in estate, salvo vi siano forti e prolungate piogge estive che ne riempiano temporaneamente il bacino. Quando questo lago è effettivamente tale, cioé pieno d'acqua, la sua estensione si aggira intorno ai 30 km quadrati, mentre la sua profondità è limitata e arriva al massimo ai 3 metri circa. D'estate invece, se si raggiunge la zona del lago, non si trova quasi più acqua, ma solo invallamenti piuttosto aridi con delle piccole pozzanghere qua e là; questo perché in estate l'acqua tende a defluire nei numerosi inghiottitoi presenti nella superficie di questa zona carsica, oltre che nel fiume Rak, e va ad alimentare i numerosi fiumi carsici del sottosuolo; in autunno poi il lago si riempie nuovamente fino ad arrivare a ghiacciare, in molte sue parti, in inverno. La differenza dello spettacolo che si presenza nella zona del lago Cerknica nelle diverse stagioni la si può ammirare guardando questo video. Nonostante questa sua particolarità, il lago è popolato da diverse specie di pesci, che continuano a vivere nei fiumi e nei laghetti sotterranei in primavera, e da diverse specie di uccelli. Per chi volesse visitare il lago Cerknica, qui si possono trovare informazioni utili.

lunedì 21 giugno 2010

Il castello di Bratislava, uno dei tanti in Slovacchia

Si dice che la Slovacchia sia il paese dei castelli, forse il paese con il più alto numero di castelli pro-capite. Nel paese ci sono infatti 180 castelli e 425 ville di interesse storico. Tra questi, uno dei più importanti e dei più storici è il castello di Bratislava (Bratislavský hrad in slovacco), situato su una collina che domina il Danubio, all'estremo sud della catena dei Piccoli Carpazi. La testimonianza scritta più antica relativa a questo castello, delimitato agli angoli da quattro alte torri, sembra essere contenuta negli Annali di Salisburgo del 907 d.C., dove si parla della battaglia di Brezalauspurch, che segnò la fine dell'Impero della Grande Moravia; a questo periodo risale la basilica a tre navate di cui si sono conservate le fondamenta. In seguito esso fu usata come fortificazione di confine dal governatore ungherese. Il castello di Bratislava fu più volte distrutto, ricostruito e modificato; una delle distruzioni più gravi che dovette subire il castello si ebbe nel 1811, anno in cui un incendio causato dai soldati napoleonici lo distrusse quasi del tutto. La ricostruzione iniziò dopo circa 150 anni, e nel 1968 esso si ripresentò nella forma e nella bellezza che aveva prima dell'incendio. Oggi il castello è sede del Museo Nazionale Slovacco, e vi sono diverse collezioni, tra cui quella archeologica, quella di mobili storici, di orologi storici, e di musica. Inoltre le sue sale sono utilizzate anche dal Governo e dal Parlamento slovacchi per alcuni meeting e eventi di carattere politico. Per iniziare ad ammirare il castello di Bratislava, queste sono alcune sue immagini, mentre questo è un video dove si possono vedere alcuni suoi particolari.

lunedì 14 giugno 2010

Il tempio hindu di Sri Mariamman, luogo di antichità nella moderna Singapore

E' il tempio hindu più antico di Singapore e fu costruito nel 1827 da Naraina Pilla, un funzionario governativo che arrivò da Penang, oggi stato della Malesia, nel 1919 per dare vita alla prima società di costruzioni dell'isola. Originariamente questo tempio era di legno; poi, nel 1862 fu ricostruito in pietra; e da allora esso è stato ristrutturato diverse volte. Costruito in stile dravidico, esso è situato in South Bridge Road, all'interno della Chinatown di Singapore, ed è frequentato dagli hindu tamil della zona. Il tempio è consacrato alla dea Sri Mariamman, una dea che è venerata in modo particolare per i suoi poteri curativi contro le malattie e per la sua capacità a favorire la pioggia. Naraina Pilla ha costruito e posto all'interno del tempio una piccola rappresentazione di questa divinità, rappresentazione che viene chiamata Sinna Amman. Questo tempio non ha avuto nella sua storia solo un ruolo religioso, ma anche sociale. Infatti, fin dalla sua origine, esso ha spesso ospitato gli immigrati hindu tamil che arrivavano qui dal sud dell'India, offrendogli rifugio fino a che essi non trovavano un lavoro e si inserivano nella nuova società. Inoltre il tempio di Sri Mariamman per diversi anni è stato anche l'unico luogo dove si celebravano i matrimoni tra hindu. Ancora oggi questo tempio svolge, oltre alle sue tipiche funzioni di culto, anche attività di carattere culturale e sociale. Ad ottobre di ogni anno si svolge qui la festa di Thimithi, durante la quale i fedeli devoti camminano sopra i carboni ardenti, mentre ogni 12 anni avviene la riconsacrazione del tempio, evento molto importante nella tradizione hindu. Per chi volesse iniziare a vedere, anche se solo in foto, il tempio di Sri Mariamman, queste sono alcune sue immagini.

lunedì 7 giugno 2010

Il monte Bintumani, la cima più alta della Sierra Leone

Si trova nella zona nord-occidentale della Sierra Leone ed è la montagna più alta di questo paese. Si chiama Bintumani ed è alto 1.945 metri. Un altro suo nome è Loma Mansa, ed è ricoperto sulle sue pendici da una ricca e vasta foresta pluviale. Vi sono due aspetti particolarmente interessanti che fanno di questa montagna un'affascinante meta per chi viaggia attraverso la Sierra Leone; uno è il panorama che si può ammirare dalla sua vetta quando il tempo lo permette; l'altro è la ricchezza della fauna che si può incontrare camminando sulle sue pendici. Nella zona del monte Bintumani infatti è possibile vedere diverse specie di scimmie, elefanti, coccodrilli nani e bonghi. Ma una specie ancora più caratteristica di quest'area è l'ippopotamo pigmeo, più difficile, ma non impossibile, da vedere. Sulle parti più alte delle pendici del Bintumani, dove la prateria prende il posto della foresta, si possono incontrare antilopi, bufali, babbuini e porcospini. Vi sono diversi sentieri che conducono in cima al Bintumani, ma in molti consigliano quelli che si snodano lungo il versante occidentale della montagna. In questo blog è possibile leggere un resoconto, in inglese, di un'escursione sul monte Bintumani e vedere alcune foto scattate lì.

lunedì 31 maggio 2010

Aldabra, uno degli atolli corallini più grandi al mondo

Costituisce uno degli atolli corallini più grandi al mondo, si chiama Aldabra e si estende a forma di anello per più di 30 km, con uno spessore di oltre 14 km. Fa parte dell'arcipelago delle Seychelles e si trova a circa 1.000 km da Mahé, forse l'isola più importante dell'intero arcipelago. L'anello corallino di Aldabra dà vita a 4 isole più visibili: Picard (West Island), Polymnie, Malabar (Middle Island) e Grande Terre (South Island), e a più di 40 tra isolotti e rocce coralline; all'interno di questo anello c'è una laguna che è nota per le sue maree, che arrivano a svuotare completamente la laguna in fase di bassa marea, e a riempirla completamente con correnti d'acqua molto forti, in fase di alta marea. Gli abitanti più prestigiosi di questa bellezza naturale sono le tartarughe giganti, tipiche di questo angolo di mondo e presenti ad Aldabra in circa 200.000 esemplari. Altri animali rari e caratteristici di Aldabra sono i grossi granchi del cocco, i pesci martello, le aquile di mare, gli squali tigre, e i ralli golabianca, forse gli unici uccelli al mondo incapaci di volare. L'unica presenza umana semi-fissa ad Aldabra è costituita dal gruppo di scienziati che vivono sull'isola di Picard per pochi mesi all'anno. Per chi fosse interessato a scoprire le bellezze di Aldabra, si consiglia la visione di questo video, mentre questi sono altri video in cui è possibile ammirare alcuni aspetti di questo affascinante atollo corallino.

lunedì 24 maggio 2010

Il Parco nazionale di Djerdap, in Serbia

In Serbia, a sud dei Carpazi, lungo il Danubio, si estende un parco nazionale molto interessante sia per le sue bellezze naturali sia per le rovine storiche in esso presenti. Si chiama Parco nazionale di Djerdap, anche se in lingua serba si scrive Đerdap, e prende il nome dalla diga che segna uno dei suoi confini; l'altro confine, all'estremo opposto, è rappresentato dalla fortezza di Golubac. Nella zona del parco, che si snoda per un'area complessiva di 640 km quadrati circa, giace anche la città di Kladovo. Dal punto di vista naturalistico, le attrazioni più interessanti sono le Gole di Djerdap, che sono anche chiamate Porte di ferro, e che sono delle gole profonde di roccia scavate dal Danubio e lunghe un centinaio di metri. Ognuna di queste gole ha un nome: Gornja Klisura, Gospođin Vir, Veliki Kazan, Mali Kazan, Sipska Klisura; le prime due hanno pareti che superano i 200 metri di altezza. La natura del Parco nazionale di Djerdap offre anche spettacoli rari per quanto riguarda la flora, dal momento che le condizioni naturali della zona hanno fatto si che oggi ci siano nel parco oltre 1.100 specie di piante. La fauna del parco invece è costituita principalmente da quelle specie animali che ben si adattano ai luoghi impervi e poco accessibili, e tra queste vi sono soprattutto cervi, sciacalli, pipistrelli, serpenti, linci e cormorani. Dal punto di vista invece delle rovine storiche, nella zona di Epenski Vir si possono ammirare alcuni resti, soprattutto sculture, di un'antica civiltà del Neolitico, mentre in altre zone del parco si possono osservare i resti del passaggio dell'imperatore romano Traiano che qui passò nel corso della campagna di Dacia; tra questi resti una strada romana, i resti di un ponte risalente a quel periodo storico e una Tabula Traiana, che è un'iscrizione dedicata all'imperatore scolpita nella parete della montagna. Venendo a tempi relativamente più recenti, da vedere è la fortezza di Golubac, costruita nel XIV secolo per difendere le rive del Danubio dagli attacchi dei nemici. Per chi volesse avere ulteriori informazioni sul Parco nazionale di Djerdap, questo è il sito del parco, dove è possibile anche pernottare, fare escursioni guidate e anche praticare sport acquatici.

lunedì 17 maggio 2010

A Médina, vicino a Dakar, un centro di formazione per combattere povertà e disoccupazione

Médina è un piccolo comune senegalese che fino al 1996 costituiva un quartiere di Dakar, la capitale del paese africano. Da quell'anno esso è invece un comune indipendente, caratterizzato purtroppo da povertà, disoccupazione e violenza. Questa situazione va forse collegata alle modalità delle sue origini. Médina fu creata tra il 1914 e il 1915 come un centro tipico abitato da indigeni e distinto dai quartieri europei di Dakar. L'intento era quello di recuperare un modo di abitare la città più vicina ai principi della cultura delle etnie che vivevano in questo angolo di Africa. Ad esempio le case erano state costruite con una geometria architettonica che ricordava quella del villaggio, e al loro interno le stanze davano tutte su un cortile in cui spesso sorgeva un albero. Seppur le intenzioni originarie fossero positive, purtroppo con il passare del tempo Médina si è trasformata un po' in un ghetto, caratterizzato da condizioni di vita precarie. Al suo interno oggi vi sono molti ragazzi e molte ragazze che abbandonano la scuola precocemente e molti giovani senza lavoro. Per aiutare queste persone a costruirsi un futuro dignitoso è stato creato un Centro di Formazione che si propone di formare adolescenti e giovani per prepararli a un lavoro di artigianato secondo i principi del commercio equo e sostenibile, in particolare nei settori della tintura e della sartoria. Per avere ulteriori informazioni su questo centro e sul comune di Médina, è possibile visitare il sito www.cfmedina.insenegal.org.

lunedì 10 maggio 2010

Principe, l'isola più piccola di São Tomé e Principe

São Tomé e Principe è un piccolo stato costituito da due isole, come dice il nome stesso del paese: São Tomé e Principe. La seconda di queste isole, Principe, è la più piccola, circa 140 km quadrati di superficie, e dista circa 150 km da São Tomé. La si può raggiungere in barca o in aereo. La sua capitale si chiama Sant'Antonio ed è tra le più piccole capitali al mondo, con solo 5.000 abitanti circa. A Principe si parla, oltre al portoghese, un dialetto particolare che si chiama principense, o lungulyè, che rispecchia l'incrocio di cultura africana e europea che percorre tutta la storia di quest'isola, oltre a un altro dialetto, il forro, meno utilizzato rispetto al principense. Dal punto di vista paesaggistico, molto belle sono alcune spiagge dell'isola, come Praia Banana, che colpisce per la bellezza della sua sabbia bianca. Da visitare anche l'Obo National Park, dove sorge anche il Pico de Principe, una montagna che raggiunge quasi i 1.000 metri. Altre montagne che non superano i 1.000 metri e che si stagliano di fronte all'oceano, davanti all'isoletta di Ilheu Bom Bom, ricordando la natura vulcanica dell'isola, sono i cosiddetti "due fratelli", "dois irmãos" in portoghese, il Pico Papagayp e la Pedra de Galè. A nord dell'isola anche un luogo di importanza storica per la storia della scienza, e cioé la piantagione dove lo scienziato inglese Sir Arthur Eddington sperimentò la teoria della relatività di Einstein; a ricordare l'evento, una targa commemorativa.

lunedì 3 maggio 2010

I Pitons, le montagne simbolo di Santa Lucia

Costituiscono il simbolo dell'isola caraibica di Santa Lucia e sono state immortalate nella bandiera di questo piccolo paese. Sono i monti Pitons, 2 coni spettacolari di origine vulcanica situati nella parte meridionale della costa occidentale di Santa Lucia, vicino alle città di Soufrière e Choiseul. Il più alto dei 2 Pitons si chiama Gros Piton, mentre il più piccolo si chiama Petit Piton. Entrambi raggiungono un altezza di poco inferiore agli 800 metri. A collegare le due cime una frattura nel terreno, chiamata, Piton Mitan, da cui esce della lava. In questo video si puà avere una visione dall'alto dei monti Pitons, mentre in quest'altro video è possibile vedere le 2 montagne dal basso. E' possibile osservare i 2 Pitons anche da altri punti panoramici, effettuando delle escursioni nelle foreste circostanti. Qui è possibile vedere altre immagini dei monti Pitons. I monti Pitons sono ricoperti da una fittissima vegetazione e sono circondati ai loro piedi da piccole baie che, data l'origine vulcanica del posto, sono caratterizzate da sabbia scura. Lungo la costa che circonda i Pitons, si susseguono i villaggi colorati dei pescatori. Oltre ad essere stati raffigurati sulla bandiera di Santa Lucia, le due note montagne hanno dato anche il nome a una birra prodotta lì.

lunedì 26 aprile 2010

Le tre rocche del Monte Titano a San Marino

Sulle tre cime più alte del monte Titano, il monte più alto della Repubblica di San Marino, alto circa 700 metri, sorgono tre rocche molto caratteristiche, che sono state anche immortalate su alcune delle monete sammarinesi dell'euro. La rocca che sorge sul punto più alto del monte Titano si chiama Cesta o Fratta, è chiamata anche la seconda rocca, risale al XV sec. d.C. ed ha una forma pentagonale; al suo interno si può visitare il Museo sammarinese delle armi antiche, che ospita 2.000 armi antiche oltre ad armature e divise. La rocca più piccola delle 3 si chiama Montale, e in essa si trova una profonda prigione, alta 8 metri, detta fondo della torre. La rocca più grande delle 3 invece si chiama Rocca o Guaita, che significa appunto "fare la guardia", ma è chiamata anche la prima rocca. La Guaita è anche la rocca più antica, risalente all'XI secolo d.C., ed è circondata da ben 2 cinte murarie, di cui quella più interna è la più antica, mentre quella più esterna, coronata da merli e rafforzata da torrioni angolari, costituiva una parte delle prime mura costruite a difesa della Città di San Marino. Per farsi un'idea delle 3 rocche di San Marino, è possibile vedere questo video, dove si possono vedere delle immagini delle 3 rocche, e questo video, che riprende la rocca Guaita e che mostra anche il panorama che si può ammirare da lassù, mentre per chi volesse visitare le 3 rocche, si consiglia la consultazione di questo sito.

lunedì 19 aprile 2010

L'O Le Pupu Pu'e National Park di Samoa

E' stata la prima area nell'Oceano Pacifico meridionale a essere dichiarata Parco Nazionale, nel 1978. Si chiama O Le Pupu Pu'e ed è un parco nazionale situato sull'isola di Upolu, nell'arcipelago delle isole Samoa. Il parco si estende per 2.875 ettari, che vanno dalle scogliere fatte di roccia lavica di O Le Pupu Lava Coast ai due monti a situati a nord, il monte Fito, alto 1.028 metri e il monte Pu'e, alto 885 metri; non a caso il suo nome significa, nella lingua del posto, "dalla costa fino alla cima della montagna". All'interno del parco vi sono diverse cose interessanti da vedere. Innanzitutto la Pe'ape'a Cave, un'affascinante caverna costituita da un grosso tubo di lava solidificata; la visita all'interno della caverna è consigliata solo a chi ha attrezzatura e esperienza sufficiente per affrontare eventuali imprevisti. Altri posti suggestivi dell'O Le Pupu Pu'e National Park sono le cascate di Ofa, quelle di Togitogiga, e le scogliere della O Le Pupu Lava Coast, disegnate dalla lava fuoriuscita dai vulcani e caratterizzate da ricche e affascinanti sfumature cromatiche. E' inoltre possibile fare delle belle passeggiate di trekking immersi nelle foreste pluviali lussureggianti di cui è ricco il parco. Dal punto di vista invece della flora e della fauna presenti nel parco, vanno segnalati, tra le specie più rare presenti, la specie autoctona di pipistrelli chiamata Pteopus tonganus, e quello che è considerato il fiore nazionale, la teuila, chiamata anche Alpinia purpurata.

lunedì 12 aprile 2010

Le Tobago Cays, isole-gioiello delle Grenadine

Sono un piccolo gruppo di isole situate a sud delle altre isole che formano l'arcipelago delle Grenadine, si chiamano Tobago Cays, e da molti sono considerate come le isole più belle di questo arcipelago, per la loro bellezza naturale e anche per il fatto che esse sono disabitate. A impreziosire queste piccole isole sono le barriere coralline che le circondano per lunghi tratti della costa e le acque turchesi che le bagnano. Esse sono delimitate da piccole baie che si susseguono, con spiagge di sabbia bianca e molto fine. All'interno rocce e cactus costituiscono gran parte della natura delle isole. In passato su queste isole c'erano insediate delle piccole attività di pesca che davano cibo e lavoro alla popolazione delle Grenadine, ma oggi le Tobago Cays sono state dichiarate Parco Marino Nazionale dal Governo locale, al fine di proteggerne le bellezze naturali e la biodiversità presente. Esse sono ogni anno meta di turisti che amano i posti incontaminati e il mare pulito e ricco di pesci rari, da godere con un po' di snorkelling o con delle lunghe nuotate. Per farsi un'idea della bellezza di queste isole, su questo sito è possibile vedere una galleria fotografica del luogo, mentre questi sono alcuni video girati là.

mercoledì 7 aprile 2010

Viaggiando nelle tradizioni di Saint Kitts

Saint Kitts è una delle 2 isole che formano lo stato insulare di Saint Kitts e Nevis, conosciuto anche come Saint Cristhoper e Nevis. e situato in America Centrale. Per immergersi nelle tradizioni e nello stile di vita dell'isola, si può viaggiare lungo la Circle-Island Road, che circonda l'isola e che permette di vedere in poco tempo i suoi luoghi più importanti, fatta eccezione della capitale Basseterre. Lungo la strada si possono scorgere gli stretti e vecchi binari dove passano i vecchi treni che trasportano la canna da zucchero. La canna da zucchero è una delle principali risorse dell'isola, e dà da lavorare a molti abitanti del posto. Dopo il taglio delle canne nei campi, esse vengono caricate su questi treni e portate ai mulini. Ruderi di uno di questi mulini possono essere visti nella vecchia piantagione di canna da zucchero, risalente al XVII secolo, della tenuta Wingfield Estate. Nella tenuta, che ospita anche i resti dell'antica casa padronale, è possibile anche vedere in pratica una forma di arte pittorica locale, chiamata batik, che consiste in un particolare processo di tintura dei tessuti con la cera. Nella fabbrica Caribelle Batik, all'interno di Wingfield Estate, oltre a vedere la lavorazione e tutto il processo di tintura dei tessuti, è anche possibile acquistare i prodotti finiti con i tessuti tinti. A sud della tenuta di Wingfield Estate è anche interessante visitare il vecchio villaggio di Old Road Town, ora villaggio balneare. Old Road Town è il luogo dove, nel 1623, sbarcarono i primi coloni inglesi, ma già prima di quella data questo posto era abitato, come rivelano i petroglifi caraibici in mostra.

martedì 30 marzo 2010

Il monte Elbrus, la cima più alta della Russia

Si chiama Elbrus ed è la vetta più alta della Russia e di tutta la catena del Caucaso. Di tutte le cime di questa catena l'Elbrus si trova circa in mezzo, al confine con la Georgia, a poco più di 60 km dalla città di Kislovodsk. Nell'antichità questo monte era chiamato Strobilus e secondo antiche credenze mitologiche era il luogo dove era stato incatenato Prometeo. Il nome attuale del monte Elbrus, invece, sembra significhi "picchi gemelli", dato che la cima può considerarsi costituita in realtà da due differenti picchi, che sono quasi uguali in altezza: la cima orientale infatti raggiunge i 5.621 metri, mentre quella occidentale arriva a 5.642 metri. Il monte Elbrus è un vulcano spento la cui ultima eruzione risale a circa 2.000 anni fa. I suoi pendii sono ricoperti di ghiacciai, e su questi ghiacciai si sono succedute le cordate che andavano alla conquista della vetta. La prima scalata della cima occidentale avvenne nel 1874, mentre quella della cima orientale avvenne nel 1829. Per iniziare ad ammirare la maestosità di questa montagna è possibile guardare queste immagini, oppure alcuni di questi video.

lunedì 22 marzo 2010

I Twa, abitanti originari del Ruanda

Attualmente sono una strettissima minoranza della popolazione ruandese, ma i Twa sembra che siano stati i primi a popolare la terra che va oggi sotto il nome di Ruanda. I Twa, che si dice siano intorno all'1% della popolazione ruandese, sono chiamati anche Abatwa o Batwa, e vengono definiti pigmei. Oltre che in Ruanda, alcuni Twa sono insediati oggi anche in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo e in Uganda. Essi originariamente, quando erano soli in questo pezzo d'Africa, vivevano di caccia e di raccolta ed erano prevalentemente nomadi. Successivamente, ogni volta che arrivavano altri popoli in quella terra d'Africa, essi venivano segregati ed emarginati. Capitò con gli agricoltori Hutu nel corso del I millennio d.C., capitò con gli allevatori Tutsi intorno al XIII-XIV secolo, e capitò con i colonizzatori europei a partire dal XIX secolo d.C. A causare questo loro triste destino furono sia fattori ambientali sia fattori culturali. Infatti da una parte la progressiva colonizzazione di altri popoli andò a modificare profondamente l'ecosistema di quella zona d'Africa, eliminando parti significative di foresta tropicale, e quindi togliendo ai Twa il loro habitat naturale, trasformato di volta in volta in terra coltivabile, in pascoli o in culture intensive e, più recentemente, in riserve protette per la caccia, le esercitazioni militari e lo sfruttamento turistico; dall'altra spesso essi furono considerati dai colonizzatori come un popolo inferiore da sottomettere, come è successo del resto in tante altre storie di colonizzazione in giro per il mondo. I Twa parlano la stessa lingua degli Hutu e dei Tutsi, il Kinyarwanda. Oggi i Twa fanno fatica a vivere di caccia e raccolta, proprio perché progressivamente sono stati tolti loro tutti i territori in cui potevano condurre tranquillamente questo tipo di vita. L'ultimo caso di questo fenomeno è stato quello degli Impunyu, un gruppo Twa che fino a pochi anni fa ha vissuto nelle foreste del nord del Ruanda, dedicandosi alla caccia, alla raccolta e alla coltivazione di qualche piccolo campo. Ma nei primi anni '80 anche loro furono costretti a lasciare la loro terra in quanto parte delle foreste in cui vivevano furono disboscate per un progetto della Banca Mondiale per lasciare il posto a pascoli e piantagioni di tè. Non prevedendo questo progetto alcun piano di reinserimento degli Impunyu, la maggior parte di essi furono costretti all'accattonaggio. Molti Twa oggi vivono producendo e vendendo prodotti di ceramica, ma la crescente importazione di contenitori di plastica sta insediando anche questa loro attività. Ad essi allora spesso non rimane che lavorare alle dipendenze delle altre comunità del Ruanda. Il loro stato di segregazione oggi in Ruanda è dimostrato dal fatto che essi non possono usare le fontane pubbliche, che molti di loro vengono ancora oggi uccisi quando cercano di acquistare un po' di terra, o arrestati perché spesso non sono in grado di pagare le tasse; i figli di quei Twa che non possono permettersi di pagare la tassa matrimoniale non hanno documenti personali perché non vengono ufficialmente riconosciuti; nei campi profughi ruandesi spesso i Twa sono discrimati, e se nel campo c'è poca acqua o poco cibo, allora per un Twa è molto più difficile sopravvivere che per un ruandese di un'altra etnia; e siccome tanti Twa non hanno i documenti, espatriare o rimpatriare è per loro molto più difficile che per gli altri ruandesi. Tra il 1991 ed il 1992 un gruppo di Twa ha fondato due organizzazioni per la difesa dei proprio popolo: l'APB (Association pour la Promotion des Batwa) e l'ADBR (Association pour le Développement Globale des Batwa de Rwanda). L'APB ha portato avanti un programma di formazione per sarti e falegnami, un'associazione femminile ed una compagnia di musica e danza, arte, quest'ultima, in cui i Twa sono molto abili. A questa pagina si possono vedere alcuni video in cui i Twa ballano e cantano.

lunedì 15 marzo 2010

Lungo la costa settentrionale della Scozia, alla fine della terra ferma

Nel nord estremo della Scozia vi è un tratto di costa che segna la fine della terra ferma prima delle grandi distesse di acqua dell'Oceano Atlantico e del Mare del Nord. E' un paesaggio che offre sensazioni e panorami mozzafiato e selvaggi, un paesaggio "ai limiti". E' la striscia terminale delle Highland scozzesi, le regioni montuose del nord della Scozia. Lungo questa striscia si susseguono il punto più a nord-ovest della Scozia, Cape Wrath, quello più a Nord, Dunnet Heat, e quello più a nord-est, Duncansby Head. A Cape Wrath sorge un faro, costruito nel 1827 e alto 120 metri, che domina le scogliere che si buttano sull'Oceano Atlantico. Ad est del faro si possono notare le scogliere più alte di tutta la Gran Bretagna, le Clo Mor Cliffs, che hanno un salto di 281 metri sul mare. Lì si può godere un panorama mozzafiato e un'atmosfera suggestiva, circondati dal volo e dai versi degli uccelli marini che popolano questa zona. Da Cape Wrath si può percorrere una stretta strada che, tra falesie, baie, promontori raramente abitati e incontri con le “highlands cattle”, le rosse mucche muschiate dalle lunghe corna, tipiche della Scozia Settentrionale, conduce sino a Dunnet Head. Il faro del 1832, il fiordo di Pentland e le scogliere lungo la costa disegnano un paesaggio suggestivo e unico. Da qui si può poi proseguire fino a Duncasby Head, il promontorio con faro affiancato da 2 spettacolari faraglioni conici e alla cui base sorge il paesino di John o'Groats, dove si può trovare l'ultima casa britannica, "the last house", che segna quasi il confine tra terra ferma e mare. Da questo promontorio si possono ammirare anche l'arco di roccia chiamato "Thirle Door" e il faraglione di Duncansby, entrambi di un fascino unico. Per chi volesse inziare a pre-gustare il fascino di questi posti guardando delle immagini, si consiglia la visione delle pagine di questo sito, in inglese.

lunedì 8 marzo 2010

Al Wajbah Fort, la fortezza più antica del Qatar

In Qatar vi sono molte fortezze, costruite nei due secoli precedenti il nostro. Tra queste, la fortezza più antica sembra essere l'Al Wajbah Fort, costruito alla fine del XIX secolo. Wajbah significa pasto, una parola abbastanza particolare per un luogo militare come questo. La fortezza giace nel quartiere di Rayyan, nella zona sud-occidentale della capitale del Qatar Doha. Questo luogo è abbastanza famoso in Qatar perché fu, nel 1893, il campo di battaglia dove il popolo del Qatar, guidato dal Sheikh Jassim Bin Mohammad Al Thani, sconfisse gli Ottomani. Si tratta di uno degli eventi più importanti della storia del Qatar, che figura tra i momenti fondativi di questo paese. La fortezza è costituita da mura molto robuste con delle torri a ogni angolo, e con feritorie per l'utilizzo delle armi con cui il forte veniva difeso. Sotto la fortezza si raccoglie l'acqua piovana che dà vita a una delle poche oasi che si possono trovare nella zona. Per iniziare a farsi un'idea dell'Al Wajbah Fort, queste sono alcune immagini.

lunedì 1 marzo 2010

Le Highlands della Papua Nuova Guinea

Le Highlands sono una delle zone più suggestive della Papua Nuova Guinea. Dal punto di vista del paesaggio, particolarmente interessanti sono la montagna più alta di tutto il paese, il Wilhelm, che raggiunge i 4.500 metri di altezza, e dalla cui cima si possono ammirare panorami mozzafiato, e il lago Kutubu, che giace in mezzo ad un paesaggio molto pittoresco. Anche il Gahavisuka Provincial Park offre, con i suoi sentieri e la sua flora esotica, un paesaggio molto suggestivo e tutto da scoprire. Ma le Highlands sono anche una delle zone della Papua Nuova Guinea che ospita le popolazioni autoctone più primitive e meno toccate dallo sviluppo industriale e urbanistico, che invece ha toccato altre zone del paese. Basti pensare solo a quello che successe il secolo scorso, negli anni '30, quando alcuni minatori delle miniere d'oro presenti in queste aree scoprirono migliaia e migliaia di persone del posto che vivevano ancora in modo primitivo. Queste persone vivono prevalentemente di agricoltura, e molti di loro sono vestiti ancora con i colorati vestiti tradizionali delle loro etnie. I più anziani, all'interno di queste comunità, si riconoscono per le piume che portano sul capo. Questi popoli sono organizzati in villaggi che mantengono ancora un'organizzazione e uno stile di vita antiche, e le famose feste sing-sings vedono un'esplosione di danze e di percussioni che dura fino a notte fonda. Di questa popolazione autoctona delle Highlands si possono trovare anche parecchi prodotti di artigianato tipici, tra cui archi e frecce riccamente decorati, conchiglie, vimini e prodotti di lana grezza.

lunedì 22 febbraio 2010

Isla Grande, affascinante angolo di Panama

Si chiama Isla Grande, ma in realtà è piccolissima: 5 per 1,5 km. Ma forse si chiama cosi perché è la più grande dell'arcipelago di isole in cui è incastonata. I suoi abitanti sono appena qualche centinaio e sono tutti discendenti dagli africani trasportati qui come schiavi. In modo particolare essi sembrano discendere da africani della Guinea e del Congo, da cui deriva il loro nome usato sull'isola, Congos. Su Isla Grande si vive in modo molto semplice, prevalentemente di pesca, anche se si ricava un po' di sussistenza anche dalla noce di cocco, in grande quantità su quest'isola. I Congos praticano una religione in cui ad alcuni elementi del Cristianesimo si mescolano riti e credenze magiche. Isla Grande è nota per la bellezza del suo mare, godibile con qualche bella nuotata o qualche escursione di snorkelling. Una costruzione famosa dell'isola è il faro, che si erge su una collina nella parte orientale dell'isola, e che fu costruito dai francesi nel XIX secolo, e che fu disegnato, pare, da Gustav Eiffel. Dopo aver salito le scale costruite per facilitare l'ascesa al faro, si arriva proprio sotto il faro, dove si può godere della vista dell'Oceano Atlantico e del forte vento che soffia, assaporando un'atmosfera unica fatta di sensazione di libertà e di immersione nella natura. Per conoscere meglio Isla Grande, queste sono alcune immagini, mentre questi sono alcuni video girati lì.

lunedì 15 febbraio 2010

Jellyfish Lake, il lago delle meduse a Palau

Il Jellyfish Lake, Ongeim'l Tketau nella lingua del posto, e Lago delle Meduse in italiano, è uno delle decine e decine di laghi marini presenti nelle oltre 300 isole che formano la Repubblica di Palau. Questo lago si trova nell'isola di Eil Malk, dell'arcipelago delle Rock Islands. Per arrivarci, bisogna arrampicarsi su per la foresta, camminando tra piante e uccelli di specie rare e talvolta poco conosciute, e poi nuotare in un canale tra le mangrovie, canale che porta al lago. Ma cosa rende unico questo lago di Palau? Le meduse, le Mestigias Papua, meduse dorate e innocue che a migliaia, ogni giorno, si spostano da una parte all'altra del lago. Si tratta di meduse fragilissime, che rischiano di spezzarsi a ogni movimento "umano" brusco. Per questo, chi fa snorkelling nel Jellyfish Lake, lo fa molto lentamente e con molta attenzione. Questo lago, nato circa 12.000 anni fa e profondo una quarantina di metri circa, è collegato all'Oceano Pacifico attraverso diversi tunnel e fessure scavate nel corso dei secoli nella roccia calcarea della zona; tuttavia esso è sufficientemente isolato da avere un ecosistema suo, specifico e diverso da quelli presenti negli altri laghi dell'arcipelago. Per conoscere meglio il Jellyfish Lake, queste sono alcune immagini, mentre questi sono alcuni video girati lì.